venerdì 20 ottobre 2017

Il serraglio delle bestie del venerdì sera sulla linea Milano-Verona, dopo l'intervento risolutore di Maroni e Sorte

Nei periodi antecedenti elezioni regionali o votazioni cruciali, lo scaltro cattolico opportunista e relativista Roberto Formigoni aveva cura di dare una verniciata di presentabilità a servizi notoriamente schifosi come le ferrovie lombarde, imponendo qualche settimana di treni in orario e con capienza ragionevole.
Il suo erede morale e politico Maroni Roberto, quello che con la ramazza simbolica ha spazzato via la corruzione della cricca di Umberto Bossi ma solo per fare posto alla propria, non riesce nemmeno in questo.
Nella settimana lavorativa che si conclude oggi, le aziende ferroviarie pubbliche FNM e Trenord (la cui selezionata dirigenza è espressione della Lega Nord) sono riuscite a erogare disservizi, ritardi, cancellazioni e mezzi inadeguati sulla linea Verona-Brescia-Milano per un totale di quattro giorni su cinque, avendo inoltre cura di sovrapporre il tutto agli analoghi disservizi di altre linee che la intrecciano in quel di Milano.

Nella mattinata di venerdì 20 ottobre 2016, alla stazione di Treviglio, il treno 10456 da Cremona per Milano Certosa delle 7:22 non arriva alle 7:22. Eppure, gli annunci sonori e visivi lo danno come "in arrivo". Ma il treno non arriva. Passa un minuto. Ne passano due. Ne passano tre. Il silenzio degli annunci sonori persiste. Alle 7:27, il treno arriva: è in ritardo di 5 minuti, ma il disservizio non viene comunicato. Solo quando il treno entra in stazione, gli annunci visivi comunicano il ritardo in essere, come se i pendolari se ne facessero qualcosa.
Intanto, il treno 10904 da Brescia per Milano Greco Pirelli, che ha un ritardo di 25 minuti, raggiunge un ritardo di 34 minuti,
Che ne è del successivo treno 10906 delle 7:27 da Brescia per Milano Greco Pirelli? Ovviamente, viaggia con 10 minuti di ritardo.
Forse a quei pendolari che vogliono raggiungere la stazione di Milano Centrale converebbe attendere il pur affollato treno 2090 delle 7:33 da Brescia per Milano Centrale.
O forse no: tanto per cambiare, il treno 2090 viaggia con 5 minuti di ritardo, che diventano rapidamente 10 minuti di ritardo.
Alla fine, i pendolari si rassegnano a prendere il 10456: è in ritardo, e farà saltare la coincidenza delle 7:49 per Milano Centrale, ma non c'è altro.
Invece, il treno 10456 recupera terreno (per forza, gli altri treni che usano i suoi stessi binari hanno un ritardo superiore) e arriva alla stazione di Milano Lambrate in tempo per la suddetta coincidenza delle 7:49. Però, il treno 2170 da Arquata Scrivia che fornisce questa coincidenza è talmente in ritardo che gli annunci sonori neanche si degnano di comunicarlo. E infatti, detto treno arriva con 16 minuti di ritardo.
Ma la stazione di Milano Lambrate accoglie treni da altre linee, per esempio il 20408 da Piacenza per Milano Certosa, che ha un ritardo di 14 minuti.
E il treno 10569 per Stradella, che è stato cancellato causa guasto al treno. Chi cercasse informazioni in merito sul sito my-link di Trenord, si vedrebbe rispondere "nessuna corrispondenza trovata", sebbene il treno sia nella lista delle "soluzioni di viaggio".

Nella serata, alla stazione di Milano Centrale, il treno 2077 delle 17:25 per Verona si presenta con 7 vetture.
Sette? Di solito, ci sono 6 carrozze, di cui una dedicata alla prima classe. E a volte, le carrozze vengono ridotte a 5, come accaduto una settimana prima.
L'inganno è subito svelato: gli indicatori digitali che numerano le carrozze stanno contanto anche la motrice, cosa che di solito non accade. Come mai? Chi lo decide? Non c'è una regola in merito?
Non si sa.
Alle 17:15, il treno è pieno. Come tutti sanno, il venerdì sera i treni per Verona nella fascia del rientro dal lavoro dei pendolari si riempiono non solo di lavoratori, ma anche di persone e famiglie con al seguito bagagli, valige, trolley, borse, di dimensioni incompatibili con gli scarsi e patetici vani che un treno del vecchio modello Vivalto mette a disposizione.
Eh, sì, perchè la montagnosa giunta regionale della Lombardia di Maroni Roberto e Sorte Alessandro, nonostante vanagloriose dichiarazioni propagandistiche sui faraonici investimenti eseguiti per il trasporto ferroviario, è riuscita a partorire solo un topolino, sostituendo uno scalcinato treno della linea Milano-Verona (uno solo) con un treno di modello Vivalto che ha la sola differenza di avere carrozze a due piani invece che a uno, e di guastarsi con frequenza minore. La capienza però è rimasta la stessa, e Trenord l'ha pure ridotta imponendo una carrozza di prima classe per ragioni "commerciali": se i passeggeri si stipavano come bestie col vecchio treno, col nuovo invece continuano a stiparsi come bestie.
Quando il treno parte, ci sono già passeggeri seduti sulle strette scalinate interne (il che vuol dire che nessuno può più percorrerle), e nei mezzanini ci sono valige impilate, e cani di grossa taglia che dormono sdraiati sul pavimento. E c'è comunque gente abbastanza zotica e ignorante da usare i bagagli per tenere i posti "occupati" per qualche amico o collega che deve ancora arrivare.
Non si vede traccia del personale viaggiante.
Alla stazione di Milano Lambrate, il treno si satura completamente, e i passeggeri sul marciapiede spintonano quelli stipati nel mezzanino, per incitarli a spostarsi verso l'interno della carrozza. Ma le scale sono già occupate, e nessuno vuole inoltrarsi nel corridoio superiore, dal soffitto basso, con la garanzia di restare bloccato nella peggiore delle posizioni, e di non poter poi scendere in tempo alla propria fermata.
Alla stazione di Pioltello Limito, altri passeggeri cercano di salire, impegnandosi in rabbiose discussioni con chi è già a bordo e cerca di mantenersi uno spazio vitale minimo in cui respirare. Le porte non riescono a chiudersi, a causa delle persone che penzolano letteralmente dalla pedana di accesso.
Quando il treno arriva alla stazione di Treviglio, il deflusso non dà alcun sollievo, perchè c'è una massa quasi analoga di altri passeggeri che cerca di salire.
Una passeggera sviene, e il capotreno (che si manifesta solo per dare il segnale di chiusura delle porte) è costretto da un passeggero ad accorrere. Il treno riparte dopo qualche minuto (anche perchè se il capotreno lo avesse bloccato fino all'arrivo di un'autoambulanza, sarebbe probabilmente scoppiata una sanguinolenta rivolta).

Si scopre solo in seguito che l'afflusso di passeggeri alla stazione di Milano Lambrate è stato gonfiato dalla cancellazione del treno 10917 da Milano Greco Pirelli a Brescia, a causa di un guasto al treno.
Dopo tutte le dichiarazioni di Sorte e Maroni, ecco il risultato. Ennesima cancellazione, ennesimo disservizio, ennesimo disagio, ennesimo treno schifoso ancora in circolazione. E il venerdì, per i pendolari, non è cambiato nulla.
Ma la preoccupazione di Maroni qual è? E' promuovere un referendum consultivo che non cambierà nulla, che non aiuterà in alcun modo i cittadini del Nord Italia, e che è solo un suo strumento personale di guerra politica, costato decine di milioni di Euro, alla faccia del costante tracollo delle ferrovie pubbliche lombarde.

Riiporto alcuni interessanti passaggi in merito, da un editoriale dii Marco Travaglio per Il Fatto Quotidiano.
i referendum consultivi sono legittimi e i quesiti riguardano un meccanismo previsto dalla Costituzione (art. 116 modificato nel 2001 dalla riforma del Titolo V targata centrosinistra). Ma inquinati da una campagna elettorale piena di balle che spacca in due l’elettorato lombardo-veneto: una maggioranza di indifferenti-ignari che non andranno a votare; e una minoranza di disinformati che andranno a votare senza sapere per cosa votano o – peggio – convinti di votare per qualcosa che non esiste.

Cosa chiede il Sì. I quesiti di Lombardia e Veneto sono diversi, ma chiedono la stessa cosa: più autonomia, cioè più poteri e più risorse pubbliche alle due Regioni su una ventina di materie “concorrenti” e “negoziabili” fra Stato ed enti territoriali. E cioè: norme generali sull’istruzione, giudici di pace, rapporti internazionali, protezione civile, commercio con l’estero, distribuzione dell’energia, casse di risparmio, tutela dell’ambiente, beni culturali, sicurezza sul lavoro e così via.
Cosa dice il Sì. La campagna elettorale la fa solo la Lega, che governa le due Regioni con Maroni e Zaia. E, soprattutto col primo, racconta frottole. Il sito della Regione Lombardia promette “un’ancora più ampia competenza in materia di sicurezza, immigrazione e ordine pubblico”.
Peccato che tutte e tre le funzioni continueranno a far capo al governo centrale. Molti Comuni leghisti promettono competenze “simili a quelle delle regioni a statuto speciale, con meno tasse”: ma sul fisco non cambierà nulla, perché la Costituzione non ammette deroghe, infatti la Consulta ha bocciato i quesiti veneti in materia tributaria.
Cosa cambia dopo. Non essendo giuridicamente vincolante, il referendum non cambia nulla. Ciò che invece è giuridicamente vincolante è il voto di un Consiglio regionale che incarichi la sua giunta di far scattare l’opzione prevista dall’art. 116: aprire una trattativa col governo per trasferire funzioni oggi in capo allo Stato. Cosa che le Regioni a statuto ordinario possono fare dal 2001 con la certezza di ottenere ciò che chiedono: basta inviare una lettera a Palazzo Chigi e poi trattare, senza bisogno di referendum.
Costi e benefici. In Lombardia si sperimenta il voto elettronico: nei seggi gli elettori digiteranno Sì, o No o bianca (nulla non si può) su 24 mila tablet appositamente acquistati dalla giunta Maroni.

Un referendum praticamente inutile, e forse anche dannoso, costerà pure ai contribuenti 50 milioni di euro.

Il tutto per “spingere” una richiesta di maggior autonomia che Maroni e Zaia potevano concedere alle loro Regioni dal 2008 al 2011, quando erano al governo nazionale, rispettivamente come ministri dell’Interno e dell’Agricoltura.

Ora, delle due l’una: o hanno dormito per tre anni; oppure il referendum con l’autonomia non c’entra nulla, ma c’entra molto con i regolamenti di conti interni fra loro e Salvini, e con le prossime elezioni politiche e regionali. Tutto legittimo, per carità, a parte i 64 milioni buttati. Ma basta saperlo.



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