domenica 9 luglio 2017

Una stazione ferroviaria per manipolare il consumatore

Come già osservato in precedenza, la stazione di Milano Centrale è stata di recente ristrutturata, ma i disagi per chi deve prendere il treno sono aumentati, invece che diminuire.
Il sole di estati sempre più torride batte implacabile attraverso i lucernari della volta della galleria dei binari, senza che nessuno abbia considerato di aggiungere schermature tecnologicamente aggiornate per evitare il micidiale effetto serra che amplifica temperature già tropicali.
Non c'erano i soldi? Strano, perchè c'era denaro in abbondanza per disporre scele mobili ovunque non fosse necessario, e rimuovere le uniche che davano accesso diretto alla galleria d'ingresso ai binari.

Questo articolo riassume e stigmatizza molto bene le storture introdotte nella stazione ferroviaria in questione, con un'ottica che sacrifica i diritti del passeggero in favore degli interessi economici e del guadagno dei privati.


Tempo per te
 
Un altro esempio preclaro di confusione di contesti è ben visibile ad esempio lungo i binari della Stazione centrale di Milano, dove la società Grandi Ferrovie affigge manifesti che ritraggono una giovane donna con l’aria trasognata nell’atto di sorseggiare un tè, con la didascalia: “Pensavo di prendere un treno, invece ho preso venti minuti per me”.

Che è ovviamente un capolavoro di ricontestualizzazione attraverso il quale i ritardi dei treni diventano “tempo per sé”. Così come il sito di Roma Tiburtina si apre con lo slogan “un luogo da vivere”.
Insomma: se i treni non sono più in grado di garantire quello a cui sono chiamati, cioè portarti da un posto all’altro in un tempo definito e prevedibile, se insomma non puoi liberare il tuo tempo dalle attese alla stazione, tanto vale portare il tuo tempo e la tua vita dentro le stazioni.

Gli orari sono inattendibili? Che fortuna: hai una grande opportunità di berti qualcosa che costa il trenta per cento in più che fuori e di leggerti una rivista (in piedi), mentre sgomiti per consultare gli orari e i ritardi sui due piccoli monitor, giacché gli schermi giganti e quelli in capo ai binari ormai mandano solo pubblicità a rotazione.

A proposito di schermi: se uno volesse ricavare informazioni sulla vera vocazione di quei posti, misurando il rapporto in metri quadrati fra le informazioni sui treni e quelle sui prodotti commerciali, il risultato sarebbe illuminante.

Parlando di Milano centrale: una volta arrivati alla stazione, raggiungere il binario richiede un tempo insolitamente lungo.
Se hai davvero fretta, c’è la strettissima scala mobile che attraversa a metà la stazione; se sei in età gagliarda, ti fai a lunghe falcate lo scalone monumentale; altrimenti sistemi di scale mobili e tapis roulant che seguono la via più lunga fra due punti ti conducono in un ampio zig-zag fino al piano dei binari, ma solo dopo averti fatto passare davanti a tutti gli esercizi commerciali.
Una volta avvicinato ai binari, poi, scopri che i vecchi ingressi sono quasi tutti chiusi: ora ci sono i “gate”, pochi accessi e sparuti nei quali, come dicevamo, si transita solo col biglietto in mano.
Se arrivi coi secondi contati, devi sperare che la tua scala mobile ti lasci davanti a un “gate” funzionante; se invece arrivi con un certo anticipo, passi il tuo “gate”, ti separi dal mondo di fuori e puoi solo aggirarti per altri negozi ancora, dal momento che non c’è alcuna possibilità di attendere seduti.

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