sabato 25 marzo 2017

Le carrozze a gas per i pendolari che insistono a prendere il treno dei pendolari poveri

Nella mattinata di mercoledì 23 marzo 2017, il treno 2090 da Brescia per Milano Centrale arriva a Treviglio con i passeggeri già in piedi, e una volta "accolti" i pendolari della stazione di Treviglio, diventa saturo. Ma almeno è in orario.
All'altezza del paese di Melzo, i passeggeri cominciano a fuggire dall'ultima carrozza alle successive, pur sapendo di non poter trovare posto. Inizialmente centellinato, il deflusso di persone aumenta fino a trasformarsi in una fila quasi scomposta.
Il motivo?
L'ultima carrozza è stata invasa da un'acre e soffocante nube biancastra dall'odore metallico e ripugnante, proveniente dal tipico guasto che flagella le vecchissime carrozze a due piani del parco di materiale rotabile di FNM: il freno che si blocca contro le ruote in movimento, il cui attrito genera l'irrespirabile miasma in questione.
Quando la nube di gas invade anche la penultima carrozza, il numero di persone in fuga raddoppia.
Ma, come detto prima, il treno è disgraziatamente saturo, e non è possibile spostarsi in avanti più di tanto.
Dal fondo delle carrozze, qualcuno grida, supplicando di aprire i finestrini, e un'ondata di panico travolge un po' tutti. Sembra mancare pochissimo, al momento in cui il panico da soffocamento si diffonderà, e la folla comincerà a spintonare e calpestare i più piccoli per farsi largo e sfuggire alla trappola che le carrozze sature sono diventate.
Però il treno si  ferma, e la nube di gas, non più alimentata, comincia a dissiparsi.
Pur essendosi ben guardato dal dare la minima informazione ai passeggeri, il personale di bordo ha fatto il proprio dovere.
Si può dire lo stesso di FNM e Trenord, che continuano a mettere sui binari treni così usurati e obsoleti? E ricordiamoci che FNM ha lasciato esaurire le scorte di pezzi di ricambio, come denunciato dai ferroviari a gennaio 2017, per cui FNM e Trenord sono anche colpevoli di trascurare la manutenzione preventiva, pur vantando bilanci in attivo (sulla pelle nei passeggeri).
E l'assessore Sorte Alessandro, colui che promette a vanta in continuazione treni "nuovi" (in realtà i vecchi Vivalto) e corse aggiuntive (in orari inutili), sta forse facendo il proprio dovere, continuando a coprire le magagne della malaferrovia di FNM, come quella appena citata?

Quando il treno 2077 riparte, ha accumulato un ritardo di 10 minuti.

Forse Grandi Stazioni Retail, azienda convinta che i pendolari non abbiano nulla da fare tutto il giorno, e campino senza andare a lavorare, non ha tutti i torti a diffondere nelle stazioni pubblicità che ci invitano a non prendere il treno, quando andiamo in stazione.

Alla stazione di Milano Centrale, spiccano i ritardi a catena altre linee: i treni da Domodossola hanno un ritardo di 10 e 15 minuti; quelli da Chiasso, un ritardo di 6 e 7  minuti.


Trenord e FNM sono il feudo personale della Lega Nord e della rete di potenti amici di Maroni Roberto, al quale interessa solo garantire i privilegi e le ricche prebende di costoro, mentre non gli importa assolutamente nulla delle conseguenze della malaferrovia su migliaia di cittadini lombardi.
Lo testimonia la storia recente dei favoritismi di cui gode Trenord, che Maroni vuole tenere come unica fornitrice del servizio ferroviario "convenzionale" lombardo per anni, nonostante i disastri che codesta combina a cadenza settimanale (quando va bene).


Una vera e propria sassata sui denti di Roberto Maroni. È quella scagliata con insolita violenza il 14 febbraio scorso dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato a proposito della paventata fusione tra Trenord (società partecipata pariteticamente dal Pirellone tramite Fnm e da Fs) e Atm.

A suscitare l’ira funesta del Garante, “le criticità concorrenziali riscontrate nell’art. 5 della L.R. Lombardia 35/2016, del 29 dicembre 2016 (la legge di Bilancio della Lombardia, ndr)”, che si occupa di “politiche per l’integrazione dei servizi e la promozione degli investimenti nel trasporto pubblico regionale e locale”. La norma “presuppone l’attuazione entro il giugno 2017 e il perfezionamento entro il 31 dicembre 2017 di operazioni di integrazione societaria tra operatori gestori di servizi di trasporto pubblico lombardo”. Secondo l’Autorità, la norma sarebbe stata tagliata su misura per favorire Ferrovie Nord Milano e il Gruppo Ferrovie dello Stato, le quali tramite Trenord, sono titolari sino al 2020 del contratto per l’affidamento dei servizi ferroviari regionali in Lombardia.

Ora, dice il Garante, è assodato che si stia lavorando a una possibile integrazione tra Trenord e ATM, partecipata del Comune di Milano, titolare a sua volta del contratto di servizio per il trasporto pubblico a Milano fino ad aprile 2017. Se le società si incorporassero, dice l’Agcm, entro il giugno 2017, l’art. 5 si “avrebbe come effetto che l’attuale affidamento ad ATM dei servizi di TPL nel Comune di Milano verrebbe prorogato almeno sino alla scadenza dell’affidamento dei servizi ferroviari regionali lombardi di Trenord, cioè il 2020”.
In pratica, per il Garante, la norma voluta da Maroni appare finalizzata solo “a ritardare lo svolgimento di una gara, di grande rilievo, come quella per l’affidamento della gestione dei servizi di TPL dell’intera area di Milano”. Un artifizio per ritardare le gare concorrenziali che andrebbe contro “l’orientamento della Corte Costituzionale – ribadito dall’Autorità in numerose occasioni – secondo cui ogni questione suscettibile di incidere sull’ambito materiale della tutela della concorrenza, come la durata dei contratti di servizio del TPL, soprattutto laddove questa è suscettibile di influire sulle modalità di affidamento degli stessi, è di esclusiva competenza statale e per questo non andrebbe affrontata in una legge regionale”. Detto ciò, l’Autorità ha invitato Regione Lombardia a “rivedere la citata L.R. 35/2016, possibilmente abrogando l’intero art. 5 in esame”.

Le preoccupazioni dell’Antitrust, per la commistione di potenze monopolistiche che producono spesso servizi da incubo per gli utenti, sono più che giustificate. A testimoniarlo c’è la storia della linea S5 Varese–Gallarate-Pioltello Limito, una delle 8 linee del Servizio Ferroviario Suburbano, che collega la città di Milano con i comuni limitrofi in provincia e fuori provincia. Non una linea come tante in Lombardia, ma quella che dal 2008 è gestita proprio da Trenitalia, Trenord e ATM riunite in un’ati. In pratica, la S5 si può considerare come la “prova generale” di ciò che potrebbe accadere in tutto il trasporto pubblico lombardo se il percorso di fusione Fs-Trenord-Atm andrà in porto.

L’ati vinse la gara di Regione Lombardia per la gestione della S5 nel 2005. A quella gara si presentarono nove imprese ferroviarie, quattro quelle straniere, ma solo due presentarono offerte: l’Ati Trenitalia, LeNORD (Trenord non era ancora nata) e ATM e i francesi di Connex.
Caso volle che l’offerta di Connex fu scartata in partenza perché la busta che la conteneva era priva della sigillatura in ceralacca.

Così l’Ati “nostrana” si impose, assicurandosi il servizio fino al 30 giugno 2017, proponendo un’offerta più bassa del 15% rispetto alla base d’asta di 7,7 milioni di euro l’anno. Da allora al Pirellone il servizio costa  6,545 milioni di euro l’anno (1,9 milioni treni/km), cifra alla quale va aggiunto il canone di accesso all’infrastruttura (indicativamente altri 6 milioni l’anno), cioè il “pedaggio” dovuto da tutti a RFI, gestore della rete, cioè alle stesse Fs.

Anche allora, come adesso, i nuovi gestori promisero nuovi treni, nuove infrastrutture, un servizio di qualità eccelsa. In realtà i nuovi arrivati dovettero aspettare il 2008 per iniziare a operare, perché i treni promessi giunsero con tre anni di ritardo… Da subito Fs ha fatto la parte del leone, mentre Trenord e Atm hanno agito da puri fornitori, la prima occupandosi di manutenzione dei convogli, la seconda della bigliettazione.

Nonostante le promesse, l’esperienza di viaggio degli utenti della Varese–Gallarate-Pioltello Limito negli anni è stata si è rivelata un discreto incubo: basti dire che l’indice di puntualità registrato nel 2015 è stato poco superiore all’82%, mentre secondo i dettami del contratto di servizio dovrebbe essere sempre superiore al 95%. Una “piccola storia triste”, quelal della S5, ma che potrebbe trasformarsi presto nella “grande storia triste” dell’intero trasporto pubblico lombardo.
Arriveranno mai gli elettori leghisti a sviluppare un quoziente intellettivo sufficiente per rendersi conto del continuo tradimento perpetrato dalle persone che sono stati così idioti da eleggere come amministratori della Lombardia?

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