venerdì 24 marzo 2017

Voglio prendere il treno, ma Trenord mi prende 28 minuti per sè (e anche i soldi di tasse e abbonamento)

"Pensavo di prendere un treno, invece ho
preso 20 minuti per me" -- l'idea che
Grandi Stazioni Retail ha dell'inferno
del servizio ferroviario italiano.
Ma forse si rivolge agli utenti dei
Freccia Rossa, che pagano fior di
biglietti per lasciar partire il
treno e andare al bar?
Nella serata di Venerdì 24 marzo 2017, c'è il degno compimento di una settimana in cui le società del Gruppo Ferrovie dello Stato danno il meglio di loro stesse (prossimamente, le meraviglie di mercoledì 23, col treno dalle carrozze a gas per sterminare i passeggeri, e giovedì con le farse del blackout e del treno per i pendolari reso inutile dal cambiamento di orario che deve favorire l'Alta Velocità).
E tutto avviene sotto lo sguardo benevolo della sognante non-passeggera che Grandi Stazioni Retail ha scelto come icona del significato del servizio ferroviario: è lei, la chimera nata dalla fusione di Veronica Lario e Anna Oxa. La donna che va in stazione perchè pensava di prendere un treno (a caso) e invece le è venuto il ghiribizzo di bere una tisana nella silenziosa bolgia infernale dei bar della stazione, invece che farsela preparare a casa dalla sua cameriera Doris.
Mentre questa pubblicità-insulto-sberleffo occhieggia dai "totem" della stazione di Milano Centrale, simbolo di una ristretta cerchia d'elite benestante che può permettersi di viaggiare in treno a caso, quando ha voglia, senza meta, le persone vere come i pendolari, che hanno lavorato per otto o nove ore, mirano solo a tornare a casa senza buttare via ore di tempo a bordo dei treni del mondo reale, scassati, affollati, mal climatizzati, in ritardo, e cancellato.
E infatti, lontano dallo sguardo di Veronica-Oxa, il treno 2077 da Milano Centrale per Verona delle 17:25 raggiunge la saturazione già alle 17:15. Chi sale a bordo dopo quell'ora, deve restare in piedi.
E, alle 17:25, il treno non parte.
Non  viene data nessuna comunicazione, ai passeggeri a bordo.
Il treno parte con ritardo di 7 minuti, e sullo schermo della banchina si legge "ritardo di 5 minuti".
Il treno si ferma all'esterno della stazione di Milano Centrale, e accumula un ritardo di 13 minuti, prima di ripartire. Anche dopo questa sosta, non  viene data nessuna comunicazione, ai passeggeri a bordo, sebbene l'impianto audio funzioni e abbia appena elencato tutte le fermate del treno.
In totale, un passeggero medio ha dovuto salire sul treno con 15 minuti di anticipo rispetto alla partenza, per trovare posto, e li ha trascorsi annoiandosi, facendosi sgomitare e spintonare dagli altri passeggeri, respirando afrori e sopportando un calore eccessivo, ascoltando conversazioni noiose o irritanti. E, dopo la partenza, ha subìto un ulteriore ritardo, arrivando a 28 minuti di tempo buttato via in un ambiente mediamente ripugnante.
E tutto ciò mentre le società del Gruppo Ferrovie dello Stato promuovono lo stile di vita della ricca Anna-Lario che può permettersi di andare in stazione e di non prendere il treno, per poi passare 20 minuti a cincischiare in un bar, senza nessuna preoccupazione, o impegno, o appuntamento da rispettare.

Tornando invece alla mattinata dello stesso giorno, ecco le altre prestazioni delle società del Gruppo Ferrovie dello Stato.

Alla stazione di Milano Lambrate, i treni provenienti da Voghera sono in ritardo. Un annuncio sonoro precisa che questi treni potranno subire un ritardo entro i 10 minuti per guasto agli impianti di circolazione nella stazione di Pavia.
Per esempio, il treno 2181 viaggia con un ritardo di 30 minuti. Forse per altri motivi oltre all'ennesimo guasto degli impianti?

Sulla linea Bergamo-Milano, le cose non vanno meglio.
Il treno 10753 da Milano per Bergamo viene cancellato alla stazione di Ponte San Pietro, dove arriva con 24 minuti di ritardoguasto? Di nuovo? Un altro treno guasto dopo le chiacchiere trionfali dell'assessore Sorte Alessandro? Ancora #LombardiaConcreta che non concretizza nulla?).
Il treno 10762 da Bergamo per Milano non parte da Bergamo: viene cancellato, e parte invece da Ponte San Pietro. E le centinaia di pendolari che attendono in stazione a Bergamo cosa fanno?
E comunque riesce ad accumulare 6 minuti di ritardo.
Alla stazione di Ponte San Pietro, i pendolari Milano-Bergamo vengono convogliati sul treno 10755, in ritardo di 7 minuti, e ovviamente già saturo del proprio flusso di passeggeri, perchè Trenord e FNM sanno fornire solo treni con capienza inadeguata, nelle fasce di punta dei pendolari lavoratori.

Il 10753 ha finito la corsa a Ponte anziché Bergamo mentre il 10762 è partito da Ponte anziché da Bergamo. Sono stati così «accorpati» i viaggiatori del 10753 con il 10755 verso Bergamo con grande caos e spazi decisamente molto ristretti sui vagoni. Un lettore ha inviato le foto e ci scrive: «Non abbiamo ricevuto spiegazioni, il problema è stato che, chi voleva andare a Milano da Bergamo, è rimasto a piedi perché il 10762 è partito da Ponte San Pietro».
Come ben noto, la gestione delle ferrovie lombarde è assegnata a Trenord e FNM, aziende che sono popolate di persone fedeli al gruppo di potere di Maroni Roberto e Sorte Alessandro, i quali li proteggono a prescindere dal disservizio fornito e dalla gestione discutibile dei finanziamenti pubblici (non ci sono soldi per rifornire i magazzini dei ricambi per i treni, ma ci sono soldi per potenziare i treni nei fine settimana in cui si esibiscono cantanti e capi religiosi come Ligabue e Bergoglio).
Maroni è l'espressione delle capacità e dell'onestà della Lega Nord, come lo è Zaia nel Veneto.

E costoro, a fronte di treni affollatissimi e di una evidentissima richiesta di più trasporto pubblico dai cittadini, scelgono invece di gettare denaro pubblico in autostrade a presunto finanziamento privato, le quali erano già fallimentari in fase di progettazione, come avrebbe potuto predire anche l'ultimo dei mentecatti, a patto che non fosse accecato dal campanilismo calcistico degli elettori della Lega Nord, i quali pur di avere i loro idoli al governo, sono disposti a farsi fregare dieci volte più di quanto li frega "Roma ladrona".

Ed ecco l'ultimo esempio dei risultati della cieca deficienza dell'elettorato leghista: non solo l'autostrada Pedemontana è inutile e fallimentare, non solo esige finanziamenti pubblici per fare contenti i contrattori privati che la costruiscono, ma ora essa comporta un aumento delle tasse, sempre per rimpinguare le casse dei privati che si sono accaparrati questo vantaggiosissimo affare.

Per continuare a finanziare la Pedemontana veneta, 94 km con un costo stimato di oltre tre miliardi di euro, la Regione Veneto vuole introdurre un’addizionale Irpef “temporanea” per i suoi cittadini in alternativa all’aumento dei futuri pedaggi (che sarebbero già doppi rispetto a quelli della media nazionale).

L’aumento dei costi dell’opera, è frutto di previsioni sbagliate e sottostimate. La tassa regionale, però, stravolgerebbe il senso del project financing con il risultato contrario rispetto agli obiettivi per i quali è nato, cioè di far pagare agli utilizzatori l’autostrada e non a tutti i cittadini veneti come si prospetta con questa tassa.

il committente pubblico (Regione e Stato) deve spiegare “perché” quest’opera ha avviato la sua realizzazione “come se fosse” un project financing: è evidente che il fine è stato solo per poter dire, sul piano politico, che l’infrastruttura si sarebbe realizzata con finanziamenti privati.

il progetto non aveva basi di fattibilità economica perché il committente ha voluto fin dall’inizio sgravare la società concessionaria dal rischio imprenditoriale, accollandolo tutto alla mano pubblica, compreso il nuovo prestito di 300 milioni richiesto alla Cassa depositi e prestiti.

è stato ammesso che dai 33mila veicoli giornalieri previsti si passerà (forse) a 18mila.

la Pedemontana lombarda, 87 km di asfalto per un costo di 4,6 mld di euro, è ferma da due anni a un terzo dell’opera.

Teem e Brebemi, le nuove autostrade lombarde, sono la prova del fallimento: tristemente vuote, non incassano neppure i pedaggi sufficienti per pagare le spese di gestione, facendo restare i debiti da pagare sul groppone pubblico.

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