mercoledì 28 novembre 2018

28 novembre 2018: RFI e i guasti su due linee in una volta. Ma alla Lega Nord interessa solo asfaltare e cementificare e finanziare autostrade in costante perdita

28 novembre 2018: alla stazione di Treviglio, alle ore 7:20, i due treni per Milano 10456 delle 7:22 e 10906 delle 7:27 sono entrambi in ritardo di 10 minuti.

Gli annunci sonori di RFI rendono noto solo che il ritardo sulla linea Cremona-Milano è dovuto a un guasto agli impianti di circolazione (di responsabilità di RFI).

Ovviamente la prima domanda che ci si pone è: ancora?
Ovviamente a RFI non importa assolutamente nulla, forse perchè la dirigenza di Ferrovie dello Stato è la prima a non intervenire mai su RFI per chiedere cosa ne è di tutti gli stanziamenti per la manutenzione degli impianti ferroviari lombardi. E d'altra parte, i parlamentari leghisti lombardi non sembrano impegnarsi molto del proporre interrogazioni parlamentari in merito.

A questi due treni, si accoda il ritardo di 9 minuti del 2090 per Milano Centrale delle 7:33.

Come al solito, i commentatori esterni, con la loro indifferenza pelosa, noteranno che si tratta di ritardi irrilevanti. Nessuno di loro, infatti, ha mai vissuto una simile situazione, ed è completamente incapace di immaginarne conseguenze ed effetti.
Se tre treni sono in ritardo, significa che la massa di passeggeri che si cumula in stazione salirà sul primo di essi ad arrivare, il che significa un afflusso di passeggeri raddoppiato.
Ora, questi commentatori esterni sono ignoranti della realtà del servizio di Trenord, azienda che eroga sistematicamente convogli con capienza inadeguta su tratte e orari notoriamente affollati di pendolari: in altre parole, per i commentatori che non comprendono i tecnicismi, i treni arrivano a Treviglio da Brescia o da Cremona già affollati, e la massa di passeggeri abituale di Treviglio li satura.
Se la massa aumenta, le carrozze si sovrasaturano: i passeggeri viaggiano come bestie, stipati uno contro l'altro, con rischio di malori o peggio, se il treno dovesse deragliare.

Ma non basta: dieci minuti di ritardo del treno bastano a un pendolare per perdere le ultime corse della metropolitana  milanese ancora non sovrasature; una volta scattata l'ora di punta, anche accedere alle carrozze dell'ATM diventa un'impresa, e ne consegue l'obbligo di rinunciare a una o più corse, cumulando ulteriori ritardi prima di raggiungere il posto di lavoro.
Ma, ovviamente, i commentatori esterni che dispensano tanta saggezza non hanno la minima idea di cosa significhi alzarsi alle 6 del mattino ogni giorno per subire ogni giorno questo tipo di disservizio, e doverlo poi pagare con ore di permesso, oppure con recuperi serali, che significano uscire dal lavoro un'ora dopo l'orario previsto, e fare i conti con altri treni in immancabile ritardo che peggiorano ulteriormente la situazione, e perdere gli appuntamenti serali con il medico o altri servizi, e non poter fare la spesa prima che i negozi chiudano.
(A questo proposito, al sindaco Sala Giuseppe che risolve la cosa imponendo che certe categorie di negozi siano aperte anche la domenica, dico: Sala, a noi lavoratori la domenica servono anche le banche, le Poste, gli uffici comunali, gli ambulatori delle ASL, i servizi specialistici, le cliniche; cosa aspetti ad attivarti per garantire che siano tutti aperti anche la domenica?).

Treno 10456: convoglio di modello Vivalto, con le vetture di testa vuote. Come mai?
Perchè la climatizzazione non funziona: temperatura interna ferma a 15°C.


Sulle linee suburbane lombarde che collegano Treviglio, è Trenord a fornire il solito spettacolo di treni di fabbricazione relativamente recente (come recenti sono le infrastrutture delle linee suburbane) che continuano a sfasciarsi: si tratta di materiale di costruzione scadente, o si tratta di inadeguatezza delle competenze per la manutenzione?
E' più merito di Trenord o di FNM se il trasporto lombardo continua a incepparsi?
Treno 23015 Varese-Treviglio: cancellato a Busto Arsizio per guasto al treno.
 Treno 10607 Novara-Treviglio: ritardo di 12 minuti per guasto al treno.

La causa dei ritardi fino a 30 minuti sulla linea Cremona-Milano è un guasto a un passaggio a livello tra le stazioni di Soresina e Castelleone.
Alle ore 7:30, un annuncio comunica che il guasto è stato risolto, ma i treni 10453 e 10464 accumulano rispettivamente 12 minuti di ritardo e 18 minuti di ritardo.


Sulla linea Verona-Milano, il treno 2092 subisce 14 minuti di ritardo per ritardo di altro treno.
Il treno 10910 subisce 13 minuti di ritardo per guasto momentaneo che rallenta la circolazione (cosa si sia guastato, non è dato di saperlo).

Il treno 4897 subisce 13 minuti di ritardo per guasto momentaneo che rallenta la circolazione (cosa si sia guastato, non è dato di saperlo).



Intanto, il Fatto Quotidiano racconta ciò che da anni è il vero motore della politica lombarda (e cioè di Formigoni Roberto, Maroni Roberto, Lega Nord e gente accessoria come Penati del PD): non il trasporto pubblico, ma l'edilizia privata delle autostrade inutili, foraggiata in continuazione con contributi pubblici a perdere, tutti pagati dai cittadini e allegramente negati (salvo chiacchiere propagandistiche) al trasporto ferroviario regionale.

LOMBARDIA – Campione nazionale della “cura dell’asfalto” e prima in Italia per consumo di suolo, cresciuto dal 2012 del 18%. Era il settembre 2016 quando la giunta Maroni varò il primo Piano regionale dei trasporti, dopo 34 anni di vuoto legislativo. Con tanto di Valutazione ambientale strategica, lo strumento più evoluto di analisi ambientale a livello europeo, salvo poi ignorarne i risultati. Tutte, ma proprio tutte le nuove autostrade passarono l’esame, per un totale di 331 km su 715 di dotazione esistente. Gap infrastrutturale? Macché, la Lombardia è la terza regione in Europa per densità autostradale. Spiazzando le previsioni, vennero riesumate arterie come la Cremona-Mantova, estinta naturalmente per mancanza di finanziamenti, o la Broni-Mortara, autostrada del Gruppo Gavio bocciata in sede di valutazione ambientale (primo caso in Italia) vista la contaminazione che continua a mietere vittime in quella zona, già ferita dall’amianto della Fibronit.
Poi c’è la Tirreno-Brennero, 84 km tra Fontevivo e Nogarole Rocca, nel cremonese, in un quadrilatero già percorso da quattro autostrade. Qui tra contributo pubblico (900 milioni) e indennizzo di fine concessione (1,7 miliardi) Gavio potrebbe vedersi ripagata l’intera opera, appaltata al costruttore Pizzarotti. E ancora, la Pedemontana, la Verese-Como-Lecco, la Valtrompia, la Corda Molle (Brescia sud), la Bergamo-Treviglio. Costo complessivo: 11 miliardi, in buona parte destinati a Gavio, di cui 3,5 a carico di Stato, Regione e Anas. Per non parlare delle superstrade, come la Rho-Monza o la Vigevano-Malpensa. Più della metà dei soldi stanziati per le ferrovie, invece, andranno diritti all’alta velocità Treviglio-Verona e Milano-Genova (Terzo valico) per 8,2 miliardi, o ad opere contestate come il traforo del Mortirolo (300 milioni).
Tutti progetti passati senza uno straccio di valutazione costi-benefici indipendente, trasparente e comparabile, pratica introdotta solo di recente dal ministro Toninelli (prima erano gli stessi concessionari a valutare le proprie infrastrutture). Con poche eccezioni, i partiti hanno sempre visto come fumo negli occhi valutazioni super partes, perché avrebbero bloccato troppi progetti e interrotto la spirale elettoral-affaristica dalla quale hanno attinto a piene mani.

Emblema della nuova corsa all’asfalto è diventata, suo malgrado, la Pedemontana Lombarda. Osannata in egual misura da Formigoni e Penati, l’autostrada è ora un vessillo leghista a tutto tondo. Non importa che tra perdite e svalutazioni stia affossando pezzi importanti dell’impresa pubblica lombarda, che pagheranno i cittadini. “Nessuno stop all’autostrada, se il governo dovesse decidere di non finanziarla e non sostenerla, sarà sicuramente realizzata da Regione Lombardia”, ha tagliato corto il governatore Attilio Fontana.
A un terzo del tracciato (mancano altri 60 km) in 5 anni ha collezionato perdite per 58 milioni, malgrado potenti iniezioni di denaro pubblico. Non sono bastati 1,2 miliardi statali a fondo perduto, defiscalizzazioni per 380 milioni e garanzie regionali per 450 milioni: dopo tre decenni mancano ancora all’appello 235 milioni di capitale sociale e soprattutto 2,4 miliardi di finanziamenti privati, che le banche si guardano bene dal mettere. Sarà che il traffico è tuttora la metà delle previsioni e il pedaggio il più caro d’Italia. La capogruppo Serravalle, un tempo gioiello dell’imprenditoria pubblica, si sta dissanguando per ricapitalizzare la società e assorbire le perdite, mentre al piano superiore Asam (la finanziaria della Regione che ha in pancia Serravalle) ha chiuso i battenti con un buco di oltre 100 milioni. Il conto è presto fatto. Tra svalutazioni, perdite, contributi e defiscalizzazioni, i 90 km di Pedemontana sono già costati più di 2 miliardi alla collettività, senza contare le garanzie regionali, i futuri aumenti di capitale e i contenziosi. Per inciso, questi ultimi hanno generato oltre 2 milioni di spese legali in quattro anni, di cui 50mila incassati dall’avvocato di Maroni, Domenico Aiello, già difensore delle Regione in altre cause.
Dopo l’ok del Cipe nel gennaio scorso, la Lega non vuol nemmeno sentir parlare di sospensioni o moratorie. Lo scontro con i 5 Stelle in regione è continuo e dopo l’esposto all’Anac del senatore Gianmarco Corbetta potrebbero riaprirsi i giochi. Stesso scenario – più probabile – se entro 12 mesi dall’ok delle Corte dei Conti non arrivassero i finanziamenti, come previsto dal 2° atto aggiuntivo della Convenzione. A quel punto la palla passerebbe al governo e verrebbe ridiscusso il piano finanziario con sviluppi inediti, nazionalizzazione compresa (ipotesi avanzata a suo tempo dal ministro Delrio). Certo è che il conflitto in seno alla maggioranza uscirebbe come un fiume carsico.

Un altro caso clinico è la Brebemi, la direttissima Brescia-Bergamo-Milano, che fa il paio con la perpendicolare Tangenziale Esterna (Teem), entrambe fortemente volute dalla Lega. Inaugurata nel luglio 2014, ha accumulato perdite per 190 milioni in quattro anni, nonostante 330 milioni di contributi pubblici (60 dalla giunta Maroni). Il traffico continua ad essere la metà del previsto ma a fine concessione la società – controllata dal Gruppo Intesa Sanpaolo con forte presenza di Gavio sugli appalti – potrà contare su una “buonauscita” di 1,2 miliardi, che sommata ai soldi pubblici ripaga quasi interamente il costo di costruzione. Un po’ meglio i conti di Teem (-68 milioni in due anni), aperta nel maggio 2015 e passata recentemente sotto il controllo di Gavio.
“Brebemi è un’altra eccellenza lombarda, oltre che un’operazione veramente innovativa poiché si tratta del primo progetto autostradale italiano finanziato in project financing e premiato a livello europeo”, ha ripetuto con tono ipnotico il governatore Maroni. In cambio la società – benché interamente privata – ha sempre riservato alla Lega un posto nel Cda, come fece in passato a seconda delle giunte e dei governi in carica. Una prassi da Prima Repubblica mai morta nel mondo delle concessionarie, utilizzate dalla politica come serbatoi di consenso, di cariche e di finanziamenti. Intorno a un’infrastruttura vive e prospera una lunga filiera (costruttori, consulenti, banche, studi legali e società di tutti i settori) che per la controparte politica sono fonte di voti e talora di soldi, visto che i due terzi del finanziamento privato ai partiti viene dal cemento e dall’asfalto. Fatto sta che su Pedemontana, Brebemi e Teem i cittadini hanno sborsato 1,9 miliardi di contributi diretti, destinati a coprire perdite e interessi, quando ne bastava uno e mezzo per rimettere a nuovo le ferrovie locali, e alleviare le pene dei 700.000 pendolari lombardi.


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